Sono un
insegnante e, quando a scuola gli alunni mentono, litigano, dicono parolacce,
si picchiano, io intervengo; ad esempio annoto sul giornale di classe, avviso
il preside o convoco i genitori. Siccome si tratta di ragazzi in età puberale,
dopo aver interrotto tempestivamente, qualsiasi tipo di azione distruttiva e
aggressiva, tento di capire perché i contendenti si siano scontrati, in modo da
rendere consapevoli gli alunni stessi di un comportamento scorretto ed esagerato.
La scuola odierna non è abilitata a
intervenire nei problemi di relazione che si verificano spessissimo tra i
ragazzi, per una obsoleta forma mentis che bada più all’acquisizione di nozioni
(troppe) e tralascia, non apertamente ma per mancanza di tempo, la crescita “ad
ostacoli” di un odierno adolescente in difficoltà. La vecchia scuola circola,
sommersa, appesantita dagli attuali concetti di efficienza, con un imperativo: ”Bisogna
finire i programmi”. Così, la
maggioranza degli insegnanti, perlopiù donne, esercita, clandestinamente come
fuorilegge, il proprio istinto materno, istituendo fasce di mediazione “rubate”
alla lezione, per comunicare verbalmente, per ascoltare proteste, per asciugare
lacrime, per risanare ferite psicologiche, per confortare.
Spesso in
classe, parallelamente ai programmi, si fa educazione civica per: le carte buttate a terra, gli spintoni
non amichevoli dati a un compagno, il
chiasso esagerato, le scritte nei bagni o gli affreschi sui banchi, cercando di
mediare tra l’insofferenza dei ragazzi ( che hanno già adocchiato il mondo
esterno e premono il piede sull’acceleratore)
e le loro richieste sommesse di affetto e considerazione, spesso inevase,
trascinate via dal fiume di nozioni.
Che strano
sistema è il nostro; subito dopo la guerra, i nostri avi sono saliti sulla
giostra del consumismo, senza prevedere che, per noi, avrebbe girato troppo
forte: il panorama ormai scorre indistinto intorno a noi, tutto è veloce,
troppo veloce e non ci è consentito il tempo sufficiente di permanenza nella nostra umanità, per ritrovarla,assorbirla,
imprimercela dentro, coltivarla.
Quando i
ragazzi eccedono, lo fanno perché, saggiamente, richiamano la nostra attenzione
sulla loro umanità, su problemi di relazione con famiglia e ambiente, su
domande inevase circa la vita, su cui noi adulti glissiamo perché non abbiamo le
risposte .
In più sotto
gli occhi di tutti, altri“ragazzi” eccedono ma non saggiamente: basta guardare
la politica, confluita nel mondo dello spettacolo e sostenuta dai pettegoli “gossipari”
mediatici (loro se la cantano e loro se la suonano).
”Uomini” adulti mentono, litigano, dicono
parolacce, si picchiano e, anche quando qualcuno gli mette una “nota” sul “giornale di
classe”, conservano una faccia tosta indistruttibile. Il “preside” c’è ma fa finta
di non vedere; l’ultima chance rimane quella di convocare i genitori ma
potrebbero rifiutarsi di apparire per la pena di avere allevato figli del
genere. Potrebbero anche essere passati a miglior vita dato che, molti dei
suddetti “uomini” , sono ormai anziani ma non per questo saggi.
In-segnare
(segnare dentro) oggi è un’impresa ardua e faticosa da supereroi; la giostra
corre troppo, non fornisce certezze, solo vertigini, si corre il rischio di
essere scaraventati lontano o di decollare insieme alla giostra, andando a
finire chissà dove.
Nel mare di
dubbi che circola attualmente sulle nostre sorti economiche, a causa di un sistema non più sostenibile, l’unica
risorsa per “segnare dentro”(in-segnare),
cioè dare l’esempio ai giovani ,è quella
di avvolgerli nel calore della
comprensione,nonostante la paura, aldilà delle fredde incoerenze presenti.
Finita la scuola, ricorderanno che li abbiamo
puniti qualche volta ma con misura e giustamente; ricorderanno i tentativi di
aiuto, di ascolto, di attenzione, di cura, di affetto, sottili eppur solidi spiragli
d’amore .
E, chissà,
faranno lo stesso con i propri figli o con gli alunni, nel bel mezzo di
incertezze , in assenza di risposte.