Zapping, la
possibilità di saltare da un programma all’altro, pigiando il tasto del
telecomando,collezionando quante più esperienze visive. Esistono video, spot,
vite(?) confezionati a mò di zapping. Si raccontano storie in pochi secondi con
immagini accalcate in successioni velocissime, colorate, vivide. Una copiosa
mole di visioni giornaliere, a cui ci si sottopone volontariamente, si riversa
nell’inconscio, si imprime in millesimi di secondi nel cervello. Tra un giorno,
tra dieci anni avremo un incubo un progetto, un desiderio impellente composto
da immagini altrui e ne avremo scordato la provenienza. Jung ci ha illuminato
circa l’inconscio collettivo asserendo che è una sorta di banca dati
dell’umanità, basata su simboli aventi un significato comune: non avrebbe mai
potuto prevedere l’esagerato, distorto contributo della tivù . L’inconscio
collettivo è oggi nutrito da overdose di immagini che si stratificano
pesantemente sui simboli ancestrali, confondendoci la vita, facendoci smarrire
il centro interiore. Da insegnante ho potuto notare che, l’azione dello zapping spesso produce adolescenti,
giovani instabili, incapaci di
persistere nell’impegno prolungato
per raggiungere una meta ; diseducati
dalla velocità, dalle azioni dei film, vivono con insofferenza i ritmi
naturali. Pensano a mò di zapping inseguendo mille progetti, vivono a mò di
zapping saltellando da un’attività all’altra, non interiorizzano le esperienze,
non si radicano in un caldo interesse, in una provata abilità, appaiono vulnerabili,
nevrotici, incontentabili, zeppi di bisogni secondari.
Napoli, la
tivù della prima infanzia, sobria, bianco e nero, programmi rispettosi dei
ragazzi, carosello, a letto alle nove , niente film coi baci. La realtà
circostante piena di vita, voci, canzoni, colori, coccole era più attraente del
freddo video: e chi ci pensava alla
tivù, giocavo sul pianerottolo con gli altri bambini. Adesso tivù satellitare,
sofisticata, schermo gigante, effetti speciali, situazioni varie e veloci e un
ritmo di vita quotidiana commerciale che spinge tra le braccia di Mediaset. La realtà appare scialba rispetto a
quella virtuale e poi c’è il computer che risucchia anche parecchi adulti
vaccinati, solo che, un adulto vissuto nell’era pre-televisiva, comprende le
differenze, sceglie, pigia il tasto del telecomando, spegne (?) accende. Un
adolescente no. SPEGNIAMOLO noi il televisore, agiamo il vissuto quotidiano
rallentato, giornate non solo all’insegna del “fare” ad oltranza e del “non
fare” accampati davanti a un video. C’è il gioco che accade quando meno te lo
aspetti, c’è la creatività, si può leggere, disegnare, cantare (e non per
andare ad “Amici”), si può ridere di nulla. Usciamo dall’ipnosi collettiva dello schermo che pulsa luce artificiale sui
nostri volti da zombie. All’inizio ci sembrerà strano, non sapremo che dire ma
nel silenzio autentico scopriremo la
quiete, guarderemo le nostre immagini direttamente trasmesse dal centro
interiore. Arriveranno le intuizioni (che non fioriscono nella fretta, nel caos
e nell’ipnosi televisiva), svilupperemo i nostri programmi, non quelli di chi ci vuole
plagiati e consumisti. Diventeremo maestri di noi stessi. “Il maestro deve
saper meditare ma anche tagliare la legna”. Maestro è chi realizza armoniosamente per sè la sintesi
felice tra mente pura ed azione ispirata in assoluta originalità.
Le mani di mamma che sbucciano albicocche |