mercoledì 3 luglio 2013

Lettera a un’amica malata di cancro (temporaneamente)






Carissima,
fisso tuo fratello e  leggo dolore nel grigiore del viso. Lui coglie il mio sguardo e mi rivela che hai  un cancro al seno; me l’ha detto  perché sa che anch’io ho fatto quel percorso e ne sono venuta fuori. Ti scrivo per parlarti di me. Oggi so che la guarigione e la malattia sono nelle nostre mani e, benchè intossicati da mille sostanze chimiche non c’è veleno più grande del nostro personale, nascosto dolore. Quel dolore vissuto in silenzio, col sorriso sulle labbra, perché abbiamo scelto di dispensare armonia, convinte di dover dare dare  anche in fin di vita. Ricordo l’affanno di provvedere alla serenità di tutti,dimenticando le mie esigenze, i “voglio”, non lamentandomi degli ostacoli della  vita. Marciavo sguainando la comprensione e non era mai facile accontentare tutti. Perché  lo facevo?Per sentirmi onnipotente? Per sopravvalutazione? Perché è scontato che una donna sia così? No, era insito in me, perseguire la felicità anche per gli altri, così mi dividevo in mille ruoli ma non ce la facevo mai. In famiglia, al lavoro  ho lasciato che  prendessero brandelli di me, mi scaricassero addosso cose da fare, urla, critiche , paturnie e pseudo problemi e di fronte al dono del mio sorriso dicevano :” Beata te, che non hai  problemi!”. Si potrebbe chiamare crudeltà mentale? Diventare terraferma  e poi essere  saccheggiati, noi, i buoni (i fessi), che nascondiamo l’affidabilità, il nostro esserci sempre, faticoso, dietro un sorriso dolce o il prenderci in giro.  Avrei dovuto smettere di sorridere e tirare calci o urlare? Questo mi avrebbe salvato dal cancro, dal mio disinteresse per me, perché ho sempre pensato prima agli altri? Altri che trovano comodo esibire disponibilità e attenzione fuori di casa tranne poi dare per scontato pretendere e fregarsene e poi infierire con le critiche al tuo più piccolo mancamento? Altri che giustificano i loro errori addossandoli a te, tanto hai le  spalle forti. Altri che, comunque agisci equivocano il tuo comportamento; sei dolce per raggirare, sei stanca e  triste per scocciare,  loro hanno problemi,  tu hai fisime, la tua stanchezza è sindrome premestruale o ammutinamento. Gli egoisti ignorano la tua sofferenza, vedono solo i loro piccoli disagi. Così un bel giorno, sfiancata come un cavallo da tiro, desideri morire o forse vuoi chiuderti nel recinto protetto e pietoso della malattia, dove speri di trovare  tregua al tuo essere un punching ball. Nel cuore sorge una speranza amara: grazie alla malattia ti lasceranno finalmente in pace e, forse, leggerai pietà nei loro occhi. Sappi che c’è un istante di puro intento potenziato da forti emozioni negative, in cui scegli di ammalarti, per riunire intorno al tuo letto di dolore, almeno i tuoi cari, prepotenti, ignavi, disarmonici o discordi tra loro. E nei momenti difficili continui a consolidare l’idea finché non succede. Ma si paga un prezzo molto alto, è un viaggio disperato. Dovrai attraversare le fiamme e ci vuole  coraggio  per venirne fuori. O l’aiuto di Dio se lo chiedi e lo accetti. Sì, per un po’ i cari si sono riuniti (qualcuno no perché aveva da fare), per un po’ hanno avuto pietà ma non toccava a me fornire l’occasione per l’armonia che loro NON desiderano creare per sé (infatti, sono rimasti i-dentici). IO DEVO CREARE LA MIA ARMONIA, vivere realizzando me stessa e mandare a quel paese chi non mi ama e rispetta, chiunque sia. Ricordo l’uscita dalla sala operatoria, dopo svariate ore di intervento: vedo l’immagine di San Pio, di fronte a me, la interiorizzo come fosse un’ostia da mandare giù (ho scelto di andare all’ospedale di S. G. Rotondo). Fattissima di anestesia, realizzo quanto sono contenta di essere viva. Pochi istanti e avviene l’incontro con un medico zelante che, fissandomi, illustra la certezza della mia dipartita, perché sono affetta da cancro incurabile. Giro la testa di lato e indietro, caso mai stia parlando con la donna degente nel letto a sinistra. Ma non c’è nessuno. Poi sento la mia voce rispondere calma: ”Non è vero”. Lo saprò pur io se vivrò o morrò! E sono qui più forte e viva che mai, for ever (mi sto esercitando per diventare immortale). Chiediti se vuoi veramente vivere questa esperienza, se ti serve. di chi o cosa ti stai liberando, quali risultati o eventi ti aspetti che accadano. E se nel profondo del tuo cuore senti che sei in un vicolo cieco sappi che hai lo stesso potere di attrarre la salute così come hai invitato la malattia. Se riconosci il potere, lo puoi usare e pur andando per medici, non dare loro l’agio di decidere per te o di spaventarti. “Usa” l’amore di tuo fratello che ti adora e vive per te. Ed io come sto? Meglio di prima . Comunque, la malattia è stata una grande faticosa occasione di crescita. Se avessi saputo  ciò che so adesso non mi sarei ammalata bensì avrei detto in faccia le cose che pensavo, avrei mandato a quel paese le persone prepotenti,e magari mi sarei fatta un bel viaggio a Ibiza  con l’amica del cuore e avrei riso di gioia fino alle lacrime, come so fare io. Impara a dire di no, non rinunciare a te stessa e, soprattutto, prenditi cura di te. Ora sono serena e tanti bisogni e attaccamenti che avevo, sono caduti come foglie morte.  L’unico vero bisogno è il bisogno di Dio che soddisfo con preghiera e meditazione. E, sai amica, ho guadagnato quel pizzico  di egoismo q.b. perché, se ci fai caso, gli egoisti ,fanno, dicono, prendono ciò che vogliono e non si ammalano. MAI.

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