Ragazzini di scuola media dal viso rotondo, gommoso
,idratato: l’infanzia è così vicina. Li guardo sorridere, preoccuparsi,
atteggiarsi ad adulti sicuri ,ribollire. Il rito di una malintesa iniziazione
li spinge a fingersi decisi e
aggressivi, a bestemmiare , a prendere in giro i deboli, a intimidirli .”Strunz ‘e mmerd” vola
la parolaccia e atterra su un ragazzo spaurito magro non ancora pervaso di
testosterone. Un attimo e l’aggressore avanza
nel territorio dell’altro, che arretra. Vigilo, sorveglio, rimango lucida , potrei fare la vittima, sentirmi attaccata
personalmente, urlare, (ogni tanto urlo ancora ) ma non serve. Riconosco
stralci di scene di film violenti agiti
,modelli prefabbricati da realizzare. Il
file dell’aggressività si installa, nutrito da strati e strati di azioni
violente attinte dal video, il must è: mostrare, esibirsi ,affogare i
sentimenti . Talvolta vedo piccole scimmie incoscienti sottoporsi allo sforzo
inumano di non essere comuni ma spettacolari, soprattutto al negativo, li osservo intenti al montaggio mentale di spezzoni di
film, in fretta, alla rinfusa. Parafrasando Celentano: l’attenzione è lenta il
disordine è rock, la bontà è lenta la
violenza è rock, la conoscenza è lenta
l‘ignoranza è rock, la buona parola è lenta, il turpiloquio è rock. Così
si compie l’iniziazione di tanti ragazzi di oggi.
Cerco con lo sguardo la connessione con loro. La rete esiste
nella realtà fisica perché esiste già l’Internet interiore .Sono l’insegnante:
che strano, il nome comune del mio lavoro è un participio presente, come se non
smettessi mai di in-segnare, segnare dentro ma che cosa? Mi sento più l’educatrice, e- duco,
tiro fuori , cosa tiro fuori? La bellezza di questi bambini, che vedo sepolta
sotto chili di melma televisiva, di pre-giudizi, di sciocca spavalderia da
piccoli machi. Voglio custodire i bambini della Terra, perché loro
sono arrivati dopo di me ed hanno trovato la televisione, il computer, la play
station, l’inquinamento, il buco nell’ozono, la guerra. Mi rimbocco le maniche,
li prendo per mano e li accudisco. E’ difficile ma cosa c’è di più importante
del resto? Che facevo io mentre la società si modificava sotto i miei occhi?
Dormivo? Non sono mica qui per divertirmi,
questo è l’unico scopo per cui vale la pena di vivere. Dimostrare loro
con l’esempio,che si può e si deve vivere con dei valori naturali, tagliare il cordone
ombelicale con le immagini virtuali negative spiegando loro che la mente funziona per
immagini, che le immagini sono progetti, che
siamo tante divinità capaci di creare il bene, pensandolo e facendolo e
che possiamo fare questo in un attimo di puro intento.Ma adesso?
Il robusto aggressore
con la faccia di gomma spintona il piccolo magro, che , inaspettatamente
reagisce resistendo. L’altro, più forte, sferra un pugno, mi giunge lo
sgradevole tonfo della mano che incontra uno zigomo, mentre il testosterone, concima la scena di insulti
,di sputi ; i compagni di classe sono il
pubblico impietoso davanti al quale nessuno vuole arrendersi.”Sfaccimm”
dice il piccolo e i due si avvinghiano come amanti, le mani indurite. Non capisco come si possa dare
un pugno sapendo quanto male fa,desiderare di
infliggere un dolore nella carne di un altro quando siamo di carne anche
noi. Faccia di gomma fa il boss perché è robusto, attacca spesso, offende,sfotte,
pretende. Devo fare qualcosa mentre scalciano, si strattonano; il piccolo tenta di scappare, viene
risucchiato come un elastico, da una presa alla felpa. Non c’è più tempo: entro
nello spazio tra loro , mi becco la manata nel plesso solare e un calcio nello stinco , insieme. Tutti parlano, bla bla, degli insegnanti ma adesso ci
sono io qui, questa non è cronaca, è la realtà e mentre accade non ha colore, né giudizi, semplicemente è . Sto cercando di
dividere due bambini che se le danno, che devo comunque considerare bambini. So che posso trasformare una rissa in un
momento educativo. Oppure no . E’ dura .
Mi si riempiono gli occhi di lacrime: non è che piango, sono
addolorata per il mio dolore, per la
loro inimicizia, per la prepotenza di faccia di gomma , per la tenerezza del
piccolo magro trasformatosi in leoncino. E’ soltanto un luccichìo negli occhi,
niente di più eppure… “Scusate
professorè me so sbagliat, nun ‘o faccio cchiù!! Io vulev vatter a chillo
strunz ‘e mmerd… Mannaggia ‘a miseria!” Intanto ,il piccolo magro si inginocchia
volenteroso e mi pulisce lo stivale su cui c’è l’impronta
polverosa di un piede usando la manica
della felpa; faccia di gomma continua a scusarsi con le mani giunte nel più
verace dialetto napoletano. Quando chiedo a entrambi di fare pace si abbracciano vigorosamente. Va
bene così. Potrei essere oggetto di un trafiletto di cronaca in cui si parla di
bulli che picchiano l’insegnante ma non sarebbe vero, non l’hanno fatto
apposta. La scuola è il calderone in evoluzione
comprensibile solo a chi la vive ed è tempo di risposte vive, non di ammuffite
nozioni da sciorinare dietro la barricata di una cattedra. Il silenzio è il mio regalo più bello . Ricordo cosa rispose l’agguerrito faccia di gomma in un test "segreto" alla
domanda:”Secondo te, chi è Dio?”
“Dio per me è una persona molto grande seduto in alto,
perché una volta stavo con il motorino ho frenato ed ho avuto come una forza
dentro di me che mi spingeva a saltare giù,il motorino fece quattro capriole ed
io non mi feci un graffio. Secondo me quella forza che mi ha spinto era Dio”.
Mi pregò poi di non leggere il test in classe, “per non perdere punti davanti
ai compagni”. Io ho avuto la conferma che siamo tutti pervasi dalla stessa
forza.
Ah dimenticavo: come nelle migliori tradizioni letterarie
faccia di gomma e il piccolo magro sono diventati amici ma ogni tanto si strattonano.
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