venerdì 29 marzo 2013

Zapping



Zapping, la possibilità di saltare da un programma all’altro, pigiando il tasto del telecomando,collezionando quante più esperienze visive. Esistono video, spot, vite(?) confezionati a mò di zapping. Si raccontano storie in pochi secondi con immagini accalcate in successioni velocissime, colorate, vivide. Una copiosa mole di visioni giornaliere, a cui ci si sottopone volontariamente, si riversa nell’inconscio, si imprime in millesimi di secondi nel cervello. Tra un giorno, tra dieci anni avremo un incubo un progetto, un desiderio impellente composto da immagini altrui e ne avremo scordato la provenienza. Jung ci ha illuminato circa l’inconscio collettivo asserendo che è una sorta di banca dati dell’umanità, basata su simboli aventi un significato comune: non avrebbe mai potuto prevedere l’esagerato, distorto contributo della tivù . L’inconscio collettivo è oggi nutrito da overdose di immagini che si stratificano pesantemente sui simboli ancestrali, confondendoci la vita, facendoci smarrire il centro interiore. Da insegnante ho potuto notare che,  l’azione dello zapping spesso produce  adolescenti,  giovani  instabili, incapaci di persistere  nell’impegno prolungato per  raggiungere una meta ; diseducati dalla velocità, dalle azioni dei film, vivono con insofferenza i ritmi naturali. Pensano a mò di zapping inseguendo mille progetti, vivono a mò di zapping saltellando da un’attività all’altra, non interiorizzano le esperienze, non si radicano in un caldo interesse, in una provata abilità, appaiono vulnerabili, nevrotici, incontentabili, zeppi di bisogni secondari.
Napoli, la tivù della prima infanzia, sobria, bianco e nero, programmi rispettosi dei ragazzi, carosello, a letto alle nove , niente film coi baci. La realtà circostante piena di vita, voci, canzoni, colori, coccole era più attraente del freddo video: e chi  ci pensava alla tivù, giocavo sul pianerottolo con gli altri bambini. Adesso tivù satellitare, sofisticata, schermo gigante, effetti speciali, situazioni varie e veloci e  un ritmo di vita quotidiana commerciale  che  spinge tra le braccia di Mediaset. La realtà appare scialba rispetto a quella virtuale e poi c’è il computer che risucchia anche parecchi adulti  vaccinati, solo che, un adulto vissuto nell’era pre-televisiva, comprende le differenze, sceglie, pigia il tasto del telecomando, spegne (?) accende. Un adolescente no. SPEGNIAMOLO noi il televisore, agiamo il vissuto quotidiano rallentato, giornate non solo all’insegna del “fare” ad oltranza e del “non fare” accampati davanti a un video. C’è il gioco che accade quando meno te lo aspetti, c’è la creatività, si può leggere, disegnare, cantare (e non per andare ad “Amici”), si può ridere di nulla. Usciamo dall’ipnosi collettiva  dello schermo che pulsa luce artificiale sui nostri volti da zombie. All’inizio ci sembrerà strano, non sapremo che dire ma nel silenzio autentico  scopriremo la quiete, guarderemo le nostre immagini direttamente trasmesse dal centro interiore. Arriveranno le intuizioni (che non fioriscono nella fretta, nel caos e nell’ipnosi televisiva), svilupperemo i nostri programmi, non quelli di chi ci vuole plagiati e consumisti. Diventeremo maestri di noi stessi. “Il maestro deve saper meditare ma anche tagliare la legna”. Maestro  è chi realizza armoniosamente per sè la sintesi felice tra mente pura ed azione ispirata in assoluta originalità. 
 
Le mani di mamma che sbucciano albicocche

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